Carissimi amici di ABF,

di ritorno da Haiti, prendo idealmente carta e penna per condividere le emozioni di una ulteriore, straordinaria esperienza, per testimoniare una realtà via via sempre in maggiore e virtuoso fermento.

Quella consumata nella seconda decade di febbraio non è stata solo una missione operativa, legata al monitoraggio dei progetti in corso. Abbiamo infatti avuto la gioia di coinvolgere un pool di donatori ed amici, i quali hanno visitato con noi alcuni dei siti più significativi legati alla presenza di ABF nel paese caraibico.

Ancora una volta, quando (nel tempo breve d’un volo in aereo) dal primo si passa al quarto mondo, s’impone un cambio di prospettiva. Ed è ancora più stimolante e istruttivo, poter guardare ad una realtà così complessa, con gli occhi dei tuoi nuovi compagni di viaggio: insieme a coloro che si trovano per la prima volta di fronte, ad esempio, ad una scuola di strada. Chiarire – a loro e quindi anche a te stessa – la filosofia che sta dietro a tante scelte, a tante decisioni concepite nella volontà di essere utili (ma nel rispetto di una cultura differente e di una scala di priorità che s’impara sul campo), è una impagabile palestra intellettuale, che fortifica e rende sempre più terso l’orizzonte cui puntare.

Nell’incrocio di reciproche disponibilità ed agende, caso vuole che la data prescelta per le visite ad alcuni dei principali siti in cui è coinvolta la fondazione cadesse nel giorno del mio compleanno. Concomitanza di poco conto, in sé, ma grande, per le emozioni che quella giornata mi ha regalato. Anche perché, quando si gira pagina nel proprio calendario personale, si può solo sperare che non sia passato invano, che si sia fatto qualcosa di buono e si abbia acquisito un po’ più d’esperienza. Trascorrere quel giorno con tanti bambini, ad Haiti, è stato il più bel regalo che io potessi sperare di ricevere.

Parto da una nota a margine, ma divertente. Le torte. Credo di averne contate tre, in quelle ore. Ma ciò che altrove avrei considerato un attentato alla dieta, ad Haiti si è caricato di un significato persino più dolce dei suoi ingredienti. E in ogni luogo dove sono stata festeggiata, quel gesto, quell’omaggio realizzato con fatica e col cuore, mi ha lasciato commossa, e sono stata più che felice di contravvenire alle regole dettate dalla bilancia.

Il giorno prima, mia figlia Virginia (che questa volta non ha potuto seguirmi), oltre ad avermi preparato una Cheesecake – giocando quindi d’anticipo – ha voluto scrivere personalmente i suoi messaggi di saluto ai bimbi haitiani che in tante occasioni ha frequentato e che sono ormai diventati suoi amici. È un piccolo segnale, ma dà la misura di quanto sia ormai stretta e personale la relazione che ABF ha instaurato… Oggi, l’abbraccio coi bambini di Haiti, con i loro insegnanti, ha un valore assai diverso, più intenso. Qualche anno fa eravamo percepiti giustamente come stranieri di buona volontà che proponevano un aiuto. Oggi, fuor di retorica, la sensazione in queste missioni è quella d’una famiglia che si ricompone.

Ad esempio: un progetto importante ma complesso come quello di “Voices of Haiti”, non è scontato possa essere compreso nella sua reale dimensione di grande opportunità per i bambini coinvolti e per le loro famiglie. Rispetto alle fasi iniziali, questa volta ho registrato una consapevolezza del tutto diversa, che si è fatta strada anche tra i parenti dei piccoli cantori. Come quel padre che, nel corso della nostra visita alle prove del coro, ci ha detto: “Nella mia vita ho avuto la fortuna di vedere un po’ di mondo… Eppure mio figlio, con i suoi pochi anni, ha già visto più di me. E per questo non posso che ringraziarvi”.

L’entusiasmo dei bambini (e la presa di coscienza dei familiari) allunga l’orizzonte della loro progettualità, ed a questo punto sta a noi far sì che questo sogno si traduca in occasioni, in possibilità concrete. È un impegno preciso, prioritario per noi, proprio perché non vi è nulla di peggio di un sogno disilluso.

La prima tappa del mio compleanno ad Haiti è stata l’abbraccio con lo staff della fondazione Saint Luc.

Abbiamo assistito alle prove del coro Voices of Haiti: altri abbracci, altra torta di compleanno ed altra grande gioia, nel verificare come questi nostri coristi stiano nutrendo – attraverso lo studio – i loro cuori, il loro futuro e le loro speranze.

Ci attendeva, a seguire, la “Baby House”, una realtà sempre complessa e non facile da visitare. Perché è in questa struttura – alla cui realizzazione Andrea aveva collaborato prima ancora della nascita di ABF – che bambini e ragazzi (alcuni con disabilità anche gravi, senza parenti che li possano accudire, alcuni orfani del terremoto), trovano una nuova famiglia allargata, dove poter crescere. Dopo averli fatti svagare, dopo aver acceso i loro occhi con qualche dono ma soprattutto con l’attenzione ed il gioco, è sempre uno strazio, poi, lasciarli dietro al cancello, ed avere il coraggio di non voltarsi indietro, quando ti salutano dalle grate. A controbilanciare lo scoramento, il pensiero che sono proprio quei bambini di ieri, cresciuti in un orfanotrofio ed oggi divenuti donne e uomini di grande spessore umano e morale, a costituire una parte imprescindibile del team locale col quale collaboriamo, insieme, per restituire un futuro migliore ad Haiti.

È stata poi la volta dello slum di Cité Soleil, negli spazi del Centro Vocazionale: un ambiente protetto (qualcosa di simile agli “Oratori” d’un tempo), per corsi di alfabetizzazione di base, per assistenza medica e sociale ed attività ricreative e di orientamento… Nonostante il ritardo sulla tabella di marcia, ad accoglierci, al centro, l’applauso immeritato di un piccolo esercito di bambini, in perfetto ordine. Poi un’altra torta, poi il momento più importante, la benedizione. In chiusura, un breve spettacolo preparato per l’occasione dai bambini: una serie di scenette per raccontare i valori che gli istitutori gli trasmettono e per descrivere le opportunità che, grazie al centro vocazionale, potranno avere.

Colpisce e commuove l’attenzione, l’impegno, l’amore che questi straordinari bambini hanno messo, nel fare ad esempio il cartellone di benvenuto, composto da materiali plastici riciclati.

È stato quindi un giorno denso e speciale, all’interno di una missione articolata che ha toccato anche altri progetti, dalle scuole realizzate da ABF in partnership con la Fondazione Saint Luc al Water Truck, al Programma Hiv. Un compleanno ed una missione da ricordare, anche perché sono orgogliosa e felicissima di avere avuto al mio fianco sia mia madre, Elena Brunelli, che mio padre, Ivano Berti, alla sua prima esperienza ad Haiti, ma fin dal primo momento contagiato dal desiderio di fare (e fare del bene). Essendo egli stesso musicista, oltre che fisico, ha voluto salutare a suo modo i bambini del Centro Vocazionale di Cité Soleil, cantando per loro una romanza italiana (“La strada nel bosco”) e lasciando il giovane uditorio stupito e ammirato, in ragione della sua potente voce baritonale.

Desidero infine spendere una parola sui miei meravigliosi compagni di viaggio. Teresa Huber: già sapevo del suo grandissimo cuore, anche perché ci è stata vicina in tante cause umanitarie, attraverso la Celebrity Fight Night. Ma è stato sorprendente averla accanto, in jeans e maglietta, con la sua energia, con i suoi occhi azzurri colmi di bontà ed umanità. E che dire di Brian Gold? Concentrato di positività, di allegria, un grande imprenditore che ha la capacità di donare gioia ovunque si trovi, una persona dolce, proprio come ciò che produce e che fa la felicità dei bimbi di ieri e di oggi.  Dal 2014, anno in cui lo abbiamo incontrato, Brian sostiene il progetto ABF water truck e grazie anche alla sua generosità abbiamo potuto duplicare l’intervento passando da uno a due camion dell’acqua!

Quanto mai prezioso, anche in questa occasione, l’apporto di Israel Schachter: la prima volta che Andrea ed io lo incontrammo, ricordo, fu in un luogo terribile, Auschwitz. E nello slum di Haiti, dove la spazzatura copre la linea tra terra e cielo, abbiamo riflettuto insieme sul fatto che in fondo, anche nella contemporaneità, ciascuno di noi ha la possibilità di sperimentare l’infermo in terra. Infine, Paolo Bianchi, una piacevolissima scoperta: il direttore dei lavori della scuola che ABF sta costruendo – insieme alla fondazione di Renzo Rosso – a Sarnano, che ha voluto seguirci ad Haiti donando le proprie competenze ingegneristiche, e sfoderando la propria contagiosa simpatia ed umanità.

Come la volta scorsa, anche da questo nuovo viaggio ad Haiti sono rientrata senza un filo di voce. Felice di averla persa, cantando e parlando con decine di bimbi e di nuove e vecchie conoscenze.

E come ogni volta, rientro col cuore gonfio di sensazioni, con gli occhi colmi di immagini, con la mente in tumulto, e il desiderio costante di fare di più, di mettere a fuoco le vere priorità. Come, ad esempio, quella del tempo. Tempo che ha un valore immenso, tempo che il denaro non può comprare. Tempo che vale talora più delle medicine e che ciascuno di noi può donare, al di là delle proprie possibilità economiche. Tempo che possiamo regalare non solo nel quarto mondo ma anche sotto casa, magari al parente anziano che aspetta la nostra visita, magari all’indigente che sta sul marciapiede della nostra città.

Oltre alla considerazione dei dati e dei risultati, oltre alla valutazione dei problemi ed alla ricerca, per ciascuno di essi, di una soluzione, oltre alle idee, alle proposte, alle collaborazioni ed a tutto ciò che caratterizza ogni missione ABF, ecco, attraverso queste note in ordine sparso, ciò che porto a casa, dal recente viaggio ad Haiti.

Veronica Berti Bocelli